martedì 16 settembre 2008

Laicità

Sto leggendo "Il matematico impenitente", raccolta di articoli e piccoli saggi di Piergiorgio Odifreddi: libro che probabilmente viene considerato "all'indice" da ben note e potenti categorie della società, ma che ha l'indubbio - a mio avviso - pregio di tentare di affrontare le discussioni definendo con precisione di che cosa si sta parlando e che significato si attribuisce ai termini che si usano. D'altra parte, l'autore è un matematico e questo spiega ovviamente l'approccio seguito.

Uno degli articoli della raccolta, che avevo già avuto modo di leggere su "la Repubblica" quando vi fu pubblicato, contiene una definizione di laicità che mi sento di sottoscrivere, e che riporto di seguito: agire come se la religione e la Chiesa non ci fossero, senza naturalmente far nulla affinché non ci siano. Ovviamente, questo non significa ignorare il fatto che la Chiesa e la religione sono ben presenti nella nostra società, fregandosene. Significa invece credere nella necessità di uno Stato che legiferi indipendentemente dal fatto che esse esistono, lasciando all'autonomia dei singoli qualunque decisione legata al credere o meno nei loro insegnamenti. Significa sostenere la necessità di confinare l'influenza della Chiesa e della religione alle scelte personali, combattendo qualunque pretesa di traduzione automatica dei loro precetti e delle loro posizioni in provvedimenti vincolanti per tutta la popolazione, credente o meno. Non per un pregiudizio negativo nei confronti della religione in generale, né di quella Cattolica in particolare. A questo proposito, cito ancora l'articolo di Odifreddi: non credo di averne, così come non credo di averne nei confronti degli astrologi o degli spiritisti: semplicemente, mi limito a constatare che essi hanno visioni del mondo antitetiche a quella scientifica, e più in generale alla razionalità, e ne deduco che sarebbe bene che esse rimanessero confinate nel campo individuale.

Chi fosse interessato all'articolo completo, può leggerlo qui.

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