sabato 21 ottobre 2017

Referendum Bagolino

Si vota in Lombardia ed in Veneto, domani; si vota per un Referendum consultivo regionale che, con formulazione diversa ma stesso spirito, mira a legittimare dal basso l'intenzione delle due giunte regionali di aprire con lo Stato italiano un tavolo per l'ottenimento di autonomie maggiori di quelle attuali.
Dell'inutilità dei Referendum in questione ho già scritto: si spendono (parlando della sola Lombardia) circa cinquanta milioni di €uro, per chiedere un'opinione circa l'opportunità di procedere con una richiesta che

  1. sarebbe possibile fare senza consultare gli elettori
  2. sarà possibile fare anche nell'auspicabile caso in cui l'affluenza fosse ridicola o vincessero i "No"
Torno sul tema, tuttavia, poiché mi ha ricordato una trasmissione radiofonica ascoltata molti anni fa, che molte volte ho utilizzato come esempio della medesima forma mentis, si fa per dire, che vedo in azione oggi. "Il sogno dei promotori del Referendum è l'autonomia di Lombardia e Veneto, sul modello del Trentino-Alto Adige o della Sicilia", ho letto da qualche parte un paio di giorni fa: e proprio di autonomia si parlava in quella trasmissione radiofonica, nel corso della quale l'allora Sindaco di Bagolino (BS, Lombardia) lamentava la disparità di trattamento che i suoi compaesani ottenevano dal Sistema Sanitario rispetto a quello che, in situazioni identiche, era offerto ai cittadini dei comuni confinanti situati in provincia di Trento. La cosa che al tempo mi colpì non fu l'analisi, sacrosanta, di una disparità inaccettabile - inaccettabile, aggiungerei, tra cittadini di uno stesso Stato. Mi colpì, al contrario, la successiva sintesi: l'iniziativa intrapresa dal Sindaco (leghista, come gli attuali Presidenti di Regione di Veneto e Lombardia - sarà un caso?) di Bagolino per porre rimedio a tale disparità. Di che iniziativa si trattava? Semplice: chiedere che il comune di Bagolino passasse in Trentino-Alto Adige! Perché, evidentemente, già allora il sogno era quello dell'autonomia regionale sul modello trentino.
La forma mentis, si fa per dire, che sostiene questo sogno è molto semplice: il totale disprezzo per un'idea cooperativa di Stato, l'idea che la soluzione di fronte ad un privilegio che si considera ingiusto possa essere quella di passare dalla parte del privilegiato.
Non è giusto che i miei compaesani abbiano un trattamento peggiore rispetto ai residenti in Trentino, quindi (ah, la logica!) voglio che il mio comune passi in Trentino. 
Non è giusto che una partita di calcio sia decisa dal fatto che il mio avversario compera gli arbitri, quindi la prossima volta sarò io a comperarli.
È il classico problema del confine, con il quale i leghisti si confrontano da quando è nato il loro movimento politico; prima contro i terroni, poi contro gli stranieri, ora contro gli extracomunitari, in futuro contro gli extraterresti, poi contro chi proviene da Sistemi stellari diversi da quello Solare - e così avanti: mai come in questo caso il limite è il cielo, anzi, ad essere più precisi la velocità della luce.
E quindi spostiamo il confine del privilegio: a quel punto sarà un problema di qualcun altro rendersi conto di essere sfavorito da esso e prendere le opportune iniziative.

(Personalmente, ma questo esula dall'intento del post, sono convinto che, se maggiore autonomia ci dev'essere, dev'essere la stessa per tutte le regioni - e comunque non può riguardare cose come le forze dell'ordine, la politica economica, la sanità, l'istruzione.)

sabato 14 ottobre 2017

E pensare che c'era il pensiero

Citano Gaber, i Grillini, a proposito delle recenti primarie bulgare che hanno incoronato Luigi Di Maio candidato premier ufficiale del partito a cinque stelle: Libertà è partecipazione.
Ora: al di là dell'apprezzabile ottimismo di chi parla di partecipazione di fronte all'espressione (dati ufficiali M5S) di circa trentasettemila voti su circa centoquarantamila aventi diritto (affluenza: 26,4%), quando alle primarie di un PD qualunque vota un numero di elettori (paganti) che in genere oscilla tra il milione ed i due; al di là dell'ottimismo, dicevo, la cosa mi ha fatto sorridere, poiché i stesso, in qualche occasione, sono stato portato ad associare versi di Gaber al partito di Grillo: difficile sentir parlare Di Maio senza chiedersi che fine abbia fatto il pensiero, in effetti. E chissà poi che cosa direbbe Cartesio:

Nel secolo che sta morendo s’inventano demagogie
E questa confusione è il mondo delle idee.
A questo punto si può anche immaginare
che potrebbe dire o reinventare un Cartesio nuovo e un po’ ribelle
Un mare di parole un mare di parole
Un mare di parole un mare di parole
Io penso dunque sono un imbecille.


giovedì 5 ottobre 2017

Il Referendum che non c'è

Si parla di Referendum locali, in questi giorni: a proposito di quello appena svoltosi in Catalogna e, dalle nostre parti, a proposito di quello che si terrà tra un paio di settimane in Lombardia e Veneto.
Se ne parla accostandoli, come si trattasse di manifestazioni simili di fenomeni simili.
Personalmente, sono convinto che non vi sia alcuna similarità tra le due cose, se non il fatto che in Catalogna si è votato e nelle due regione del Nord Italia si voterà.
Non vi è similarità dal punto di vista formale, prima di tutto: in Catalogna si è trattato dello svolgimento di un Referendum dichiarato incostituzionale dalle massime autorità giudiziarie e la consultazione si è dunque svolta al di fuori del contesto della "legalità" così come prevista dalla Spagna; in Veneto e Lombardia si svolgerà un Referendum consultivo che ha ottenuto il via libera, dal punto di vista costituzionale, dello Stato italiano.
Non vi è similarità dal punto di vista dei contenuti: Referendum per l'indipendenza quello catalano, Referendum per l'autonomia, qualunque cosa ciò significhi, quello lombardo-veneto.
E, per quel che sento dire e per quello che so delle motivazioni, non vi è similarità nemmeno nello spirito: se nel Nord Italia si invoca autonomia, principalmente fiscale, sostenendo che "Lombardia e Veneto pagano allo Stato italiano più di quanto ne ottengono in cambio" (il classico Roma ladrona, dunque, versione fiscale dell'immortale Padroni a casa nostra), in Catalogna si anela all'indipendenza, oltre che per motivazioni storiche e culturali di lunghissima data (si pensi solo al classico "Repubblica o Monarchia?"), sostenendo che la pressione fiscale nella regione di Barcelona è maggiore che nel resto della Spagna: nel Nord Italia ci si vuole dunque sottrarre all'idea di solidarietà tra diverse regioni di uno stesso Stato, nella regione della Spagna ci si vuole sottrarre ad un trattamento fiscale differente rispetto a quello in atto nel resto del Paese.

Ma, nella pratica, in che cosa consiste esattamente il Referendum lombardo-veneto? Qualcuno ne ha parlato dicendo che è come chiedere il permesso per suonare il campanello - ed in effetti sembra sia così: si tratta fondamentalmente di consultarsi con gli elettori circa l'opportunità di richiedere allo Stato italiano, nelle sedi competenti e nei modi previsti dalla legislazione di quest'ultimo, genericissime maggiori autonomie. Una sorta di Referendum che non c'è, utile - si fa per dire - solo a spendere qualche decina di milioni di euro dei contribuenti (ma non era l'odiata Roma ad essere ladrona?). Un Referendum al quale personalmente non parteciperò: per suonare il campanello, in fondo, non c'è bisogno del mio permesso.