lunedì 26 ottobre 2015

E forse io solo so ancora che visse

In memoria è una poesia delle molte di Giuseppe Ungaretti che ho amato da ragazzino: non per averla studiata a scuola, in questo caso, bensì per la semplice, ovvia constatazione che vi è, in essa, tutto ciò che può piacere ad un ragazzino - ermeticamente triste, ermeticamente profonda, ermeticamente vera.
Poi ogni tanto capita - con un po' di disattenzione si potrebbe quasi arrivare a dire: in dono - una di quelle serate in cui, per motivi che ovviamente nulla hanno a che fare con quelli di allora, l'umore è un po' quello di vent'anni fa: ed ecco che, nel buio di un istante in cui è notte e davvero la vita può sembrare una corolla di tenebre, questa poesia riaffiora, puntuale come il sapore dei crauti la sera del 26 dicembre, da qualche angolo non abbastanza sepolto della mente.
Eccola qua, fresca e secca ed asciutta come il ragazzino che ero allora, come allora incredibilmente bella; semplicemente giusta, come vent'anni, e quasi cento, fa.

IN MEMORIA.
Locvizza il 30 settembre 1916.

Si chiamava
Moammed Sceab

Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome

Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè

E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.

Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera

E forse io solo
so ancora
che visse