Qualcuno, di recente, ha utilizzato il termine "particolare" per definire il mio modo di ragionare, forse addirittura di essere, su alcune questioni: si parlava, per la precisione, di santa Lucia, versione bresciana di Babbo Natale che - de gustibus non disputandum est - si fa accompagnare da un asinello anziché da una muta di renne. Poi il discorso si è esteso a battesimi e riti matrimoniali più o meno insoliti, ma non è questo il punto - ci sarebbe altrimenti materiale per dieci post, ma non certo il tempo.
Il punto, volendo considerare la definizione come un (esercizio di modestia: mezzo) complimento (diversamente, non sarei qui a parlarne), è: particolare, strano, insolito... chi non si è mai sentito ben definito, in qualche caso, da uno di questi termini?
Personalmente sono convinto del principio generale per cui la bellezza sta nella varietà, più che nel ripetersi di un modello ricorrente quasi senza variazioni: saremmo tutti copie fatte con un unico stampino, anziché persone a volte simili ma sostanzialmente uniche.
(D'accordo, la bellezza sta anche negli occhi di chi guarda: ma questo è un discorso diverso - forse. Sempre che anche la particolarità non stia negli occhi di chi guarda...)
E dunque.
Scriveva Robert Frost: due strade trovai nel bosco, ed io scelsi la meno battuta: ed è per questo che sono diverso. Mi pare che questa massima descriva abbastanza bene il modo in cui mi sono sempre sentito - ed il motivo per cui essere definito particolare è ai miei occhi una vittoria, e non una sconfitta - mai.
Mi rendo conto - queste riflessioni hanno dato il via ad una specie di mini viaggio dentro me stesso, aiutato certo dal fatto che sto rileggendo, per l'ennesima volta, Baricco - che, in qualche modo, per me è sempre stato così: sono stato un bambino per il quale non hanno mai avuto valore i gusti della maggioranza (quella che, avrei scoperto più tardi, la statistica deifnisce moda) e sono di conseguenza un adulto che non vede come motivo di preoccupazione la possibilità che sua figlia si senta diversa - diciamo particolare: mi piace sempre di più, questa parola - rispetto alla moda (in quel senso là) dei suoi coetanei. Che si parli poi del mistero di santa Lucia, dei cartoni animati in televisione o del catechismo, poco cambia.
Mi spingo a dire che la scelta della strada meno battuta, tra le due - in generale: tra le tante - disponibili nel bosco che è la vita, può diventare, in qualche caso, un fine, più che un mezzo: il che è, evidentemente, sbagliato - con tutta la disapprovazione che, com'è noto, provo nei confronti di chi cataloga le cose dividendole in sbagliate e giuste.
E tuttavia davvero è per questo che sono diverso: perché è sempre stato lieve e semplice, per me, non seguire la strada più battuta - né la cosa ha mai rappresentato un problema. Così... non è mai stato un problema amare uno sport che non è certo quello più praticato nel mio Paese; non è mai stato un problema passare per secchione quando, semplicemente, mi veniva facile essere il primo della classe (e c'è differenza, tra le due cose: oh, se ce n'è!); non mi sono mai sentito fuori posto perché amo la matematica, o la lettura, più che le trasmissioni televisive, o perché mi piace parlare di religione o politica anche quando le mie idee sono a volte assai distanti da quelle che la nostra società considera tranquillamente normali.
Se essere me stesso - il me stesso unico ed irripetibile frutto di tanti bivi e di tante strade poco battute, a volte piene di sterpi e rovi taglienti, altre sicuramente più agevoli - è significato, qualche volta, passare per strano... be', non c'è problema: eccomi. Nessuno ha mai detto che la strada meno battuta debba essere semplice. Ma, per quanto mi riguarda, posso ben dire che la scelta della strada meno battuta è stata, spesso, la scelta che mi ha fatto - che mi fa - sentire felice - e libero. Stranezza o diversità che sia... da oggi ho una nuova parola per definirla. E' essere particolari: che è poi il motivo per cui le persone sono, davvero, interessanti.
Con un grosso grazie a chi me l'ha fatta in un certo senso scoprire, regalandomi la gioia di qualche ora passata a riflettere, anche, su me stesso.