mercoledì 30 dicembre 2015

Quando Google tradisce

Ascoltavo musica su youtube, l'altro giorno, mentre lavoravo - lo faccio quasi sempre: scelgo una canzone e poi lascio fare a "lui".
In genere funziona.
Poi succede quello che non t'aspetti - e ci sarebbero forse gli estremi per una causa contro Google ;-).
Succede che parti da una canzone di Ligabue e, dopo mezza mattina di tranquillo e spensierato ascolto, di colpo, senza nemmeno un'avvisaglia, senza preavviso, ti ritrovi nelle orecchie Francesco Renga.
Roba che uno potrebbe anche subire dei danni, se non fosse pronto ad intervenire, silenziando il tutto.

Va' a fidarti della tecnologia...

lunedì 7 dicembre 2015

Telefonare ore pasti

Curiosa, la descrizione dell'acquisto presentatami da Amazon, mentre mi accingevo a comperare un telefono fisso...


Chiese

(nel senso del sostantivo, non in quello della voce verbale)

Esistono molte chiese - e non solo nel senso degli ahimé onnipresenti edifici esentasse.

Esistono molte Chiese a seguito della Riforma Protestante, della relativa Controriforma e di tutte le dispute che ne sono seguite e che mai si ricomporranno - se del resto ci si divide su questioni essenziali come la verginità di Maria, quali possibilità ci sono di trovare, poi, un accordo?

Ma esistono molte chiese anche nella Chiesa (l'unica, la vera, l'originale: Romana e Santa, manco a dirlo); c'è la chiesa del Ministero e quella delle Comunità, sosteneva il sacerdote che mi ha sposato, sottintendendo che non sempre le due realtà vanno d'accordo e che diversa è la sensibilità nei confronti diciamo della vita reale delle persone reali.

La cosa mi è tornata in mente, e mi è parsa evidente, notando il differente tono dei commenti ai recenti fatti di Rozzano provenienti da diverse parti della Chiesa.
La nota ufficiale della CEI, l'essenza cioè della Chiesa intesa come struttura di potere, parlava (a proposito dell'iniziativa, come visto ampiamente distorta ed ingigantita nel racconto della stampa, del preside di Rozzano) di scelta ideologica.
Il vescovo di Padova, monsignor Cipolla, ha affermato, al contrario, che di fronte alla necessità di salvare la fraternità si deve essere disposti anche a fare un passo indietro (sull'ostentazione di simboli di carattere religioso, ndr), poiché le religioni non possono e non devono essere motivo di divisione.
Un sacerdote bresciano (e suppongo come lui molti altri), ancora, si chiede durante una nota trasmissione televisiva come chi si erge a difensore e baluardo della cristianità quando si tratta di presepe e canti religiosi non combatta con la stessa forza per il messaggio evangelico di apertura ed accoglienza verso tutti - risposta: perché la coerenza richiede intelligenza ed onestà intellettuale, al di là delle proprie convenienze politiche ed elettorali.

Esistono dunque molte chiese - poi ognuno, se proprio deve, sceglie quella che preferisce e la scelta è piuttosto facile.

martedì 1 dicembre 2015

Ciuchino alle Crociate

Mancava l'asinello, al presepe della scuola di Rozzano: lacuna tempestivamente colmata dall'arrivo di Matteo Salvini e dintorni, armati di statuine e canti natalizi.
Motivo scatenante del crociato accorrere, la notizia - vecchia di qualche giorno e cui fa, a quanto pare, difetto l'accordo con i fatti - rimbalzata tra giornali e televisioni secondo cui il preside di una scuola del milanese avrebbe vietato la festa di Natale e fatto rimuovere i crocifissi dalle aule.
E via con la consueta cacofonia di difenderemo le nostri radici cristiane e giù le mani dalle nostre tradizioni: il tutto ad opera del crociato divorziato Salvini, leader del Partito del Dio Po (nel senso del fiume, non nel senso della bestemmia) - ma quando si tratta di xenofobia, evidentemente, tutto fa brodo.
Ora: a parte che non ho mai capito per quale motivo scelte personalissime come quelle religiose andrebbero difese nella scuola pubblica di uno Stato laico (o sedicente tale); né perché in un luogo pubblico istituzionale (una scuola, un tribunale, un ufficio pubblico) dovrebbero far mostra di sé simboli religiosi di una sola confessione; né perché il fatto che qualcosa rappresenti per qualcuno una tradizione dovrebbe rendere la cosa in questione intoccabile  e sacra (per dire: mutilazioni genitali praticate sui neonati o sui bambini, come la circoncisione o l'infibulazione, sono senza dubbio tradizioni, per qualcuno; ed anche un certo tipo di intimità tra sacerdoti e fanciulli, tradizionalmente, è statisticamente molto più frequente di comportamenti analoghi che coinvolgono laici); e che dunque sarei stato d'accordo con il preside anche se le cose fossero andate come sono state presentate; ma pare proprio che non siano andate così.

A quanto pare, il barbaro divieto riguardava esclusivamente l'ingresso in orario di mensa di due mamme intenzionate ad insegnare canti religiosi ai bambini cristiani - e contestarlo mi pare si commenti da sé, a meno che non si voglia sostenere l'idea che genitori ex alpini debbano poter insegnare canti di montagna ai loro figli in sala mensa o, ancora, che durante il pranzo con i compagni di scuola bimbi cinesi debbano poter ricevere la visita di genitori intenzionati a cantare con loro l'inno del loro paese.

A proposito del presunto divieto, a quanto pare inventato dalla stampa e cavalcato dai soliti noti (tra i quali s'è distinto, come raramente gli capita, il Ministro dell'Interno, che sembra abbia espresso il parere secondo cui il Presepe dovrebbe essere esposto anche in tutte le prefetture; e presso tutti i semafori del Regno!), di festeggiare il Natale a scuola: personalmente, e laicamente, trovo che una festa tra bimbi e genitori sia un bel momento di aggregazione e - dio non voglia! - d'integrazione; trovo invece che una festa religiosa in una scuola pubblica sarebbe  decisamente inopportuna ed irregolare, ma mi pare che si siano fatti passi da gigante rispetto alla messa della scuola di quando alle elementari, in una scuola pubblica, andavo io.
Piena fiducia in insegnanti e dirigenti scolastici, per quanto mi riguarda e vedo ogni giorno.

Mi si dice, infine, che insistere su questi temi - la laicità, fondamentalmente, declinata nelle scuole e nel contesto dell'integrazione con culture e fedi diverse - sia fare un regalo, in termini di voti, a Salvini e spiccioli. Noto sommessamente che esprimersi basandosi sull'idea di non fare regali, in senso elettorale, a questo od a quell'avversario ci ha donato vent'anni di berlusconismo per poi catapultarci tra Renzi, Grillo e Salvini: direi che abbiamo già dato - e comunque non si arretra, sulle questioni di principio, per il rischio di fare un regalo a qualcuno.

martedì 24 novembre 2015

Diavolo d'un Armando!

L'Inferno, se solo non fosse un luogo di fantasia, sarebbe un posto in cui youtube non si può spegnere e mostra solo episodi de "La Pimpa"...

venerdì 20 novembre 2015

Stupendo

Scoprire Vasco a quasi quarant'anni - d'accordo, esagero un po' - in un pomeriggio qualunque, tra freccette e sviluppo mobile.
Succede, e può essere... stupendo ;-)

E mi ricordo chi voleva
al potere la fantasia...
erano giorni di grandi sogni...........sai
erano vere anche le utopie
Ma non ricordo se chi c'era
aveva queste facce qui
non mi dire che e' proprio cosi'
non mi dire che sono quelli li'!

sabato 14 novembre 2015

(Cinque) Stelle cadenti

Che il senso dell'umorismo non sia il punto di forza dei cosiddetti Grillini non è una novità - si tratta del resto di un tratto comune alle organizzazioni ed ai movimenti che agiscono secondo dinamiche di carattere pseudo-religioso.
Che il MIO senso dell'umorismo tenda al contrario ad essere un po' estremo, con una certa passione per doppi sensi linguistici e non-sensi, è cosa tutto sommato nota, sopportata dai più e pensata con sconforto da qualcuno: ne ho già parlato qui, spiegando come, per me, ridere di un doppio senso linguistico sia questione sostanzialmente razionale e formale che non ha in alcun modo a che fare con considerazioni emozionali, di merito o di rispetto (qualunque cosa questo significhi).

Nulla di strano dunque se il gioco di parole di Luciana Littizzetto (il video completo si trova qui), che sfrutta due significati della parola movimento per fare una battuta sulle stelle cadenti riagganciandosi ad un articolo sugli escrementi degli astronauti, mi ha fatto ridere - e nulla di strano se ho trovato assolutamente fuori luogo le levate di scudi grilline contro una frase considerata, invece, insultante.
Per quanto mi riguarda ho riso, senza che questo in alcun modo mi abbia suggerito l'associazione tra M5S (che non amo particolarmente né particolarmente disprezzo) ed il concetto di (mi si passi il francesismo) merda.

Detto questo, non mi stupisce che chi ha la manifesta tendenza a prendersi un po' troppo sul serio si senta attaccato da un gioco di parole che, si darà atto alla Littizzetto (il cui umorismo non mi piace né più né meno di altri), era collocato nel contesto di altri dello stesso tipo e sullo stesso tema.
Mi stupisce forse un po' di più la netta presa di posizione filo-censura di chi ha costruito la propria fortuna su una vis comica non esattamente improntata ai toni sommessi ed alla cura nell'evitare l'insulto - ma probabilmente anche per Grillo, come per molti politici, le regole valgono per gli altri mentre per se stessi si interpretano... il che, a voler ben vedere, non fa altro che confermare la tesi grillina secondo cui i politici sono, ed in questo caso evidentemente è così, tutti uguali.

sabato 7 novembre 2015

lunedì 26 ottobre 2015

E forse io solo so ancora che visse

In memoria è una poesia delle molte di Giuseppe Ungaretti che ho amato da ragazzino: non per averla studiata a scuola, in questo caso, bensì per la semplice, ovvia constatazione che vi è, in essa, tutto ciò che può piacere ad un ragazzino - ermeticamente triste, ermeticamente profonda, ermeticamente vera.
Poi ogni tanto capita - con un po' di disattenzione si potrebbe quasi arrivare a dire: in dono - una di quelle serate in cui, per motivi che ovviamente nulla hanno a che fare con quelli di allora, l'umore è un po' quello di vent'anni fa: ed ecco che, nel buio di un istante in cui è notte e davvero la vita può sembrare una corolla di tenebre, questa poesia riaffiora, puntuale come il sapore dei crauti la sera del 26 dicembre, da qualche angolo non abbastanza sepolto della mente.
Eccola qua, fresca e secca ed asciutta come il ragazzino che ero allora, come allora incredibilmente bella; semplicemente giusta, come vent'anni, e quasi cento, fa.

IN MEMORIA.
Locvizza il 30 settembre 1916.

Si chiamava
Moammed Sceab

Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome

Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè

E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.

Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera

E forse io solo
so ancora
che visse

martedì 11 agosto 2015

Me là 'mparato Gugol

(ovvero, La legenda del boss pescatore)

Boss: V'ho spedito la presentazione che ho preparato... provate a verificare che sia tutto a posto...
Io: Sì, ${nomeProprioDelBoss}, direi che va tutto bene... solo, nella didascalia dell'immagine dovresti scrivere "legenda", non "leggenda"!
Boss: no, lo pensavo anche io, ma... le ho cercate entrambe su Google... "Leggenda" ha molti più risultati!!!
Io: Sì, ${nomeProprioDelBoss}... ma vuol dire un'altra cosa!!!

domenica 9 agosto 2015

Il judo è una rottura di coglioni

(e con questo titolo mi sono garantito, se non altro, qualche lettura indignata)
Un'attività che va molto sui social network, nella giornata di oggi, consiste nello scagliarsi contro gli organi di informazione - diciamo giornali e telegiornali - che non danno alcuno spazio alla notizia della vittoria dei mondiali di judo da parte di un Italiano - gli stessi giornali e telegiornali che danno invece accurata cronaca di ogni pisciata di calciatore.
Personalmente la cosa non mi stupisce né mi indigna, ed anzi tutte queste lamentele iniziano a darmi non poca noia... per un paio di motivi che cercherò di spiegare.
Primo: giornali e telegiornali, nella pratica, confezionano quello che è, a tutti gli effetti, un prodotto - ed un prodotto è buono, dal punto di vista di chi lo crea, se vende.

Secondo: il judo, come bene o male gli altri "sport in pigiama/mutande", è una rottura di coglioni. Badate: non secondo me, né (tantomeno) in assoluto, né sempre.
Lo è in Italia,  nel 2015 (e per dire quanto conti il contesto del "qui ed ora": per chi abbia visto una qualunque partita di serie B attuale, anche il famosissimo Italia-Germania semifinale dei Mondiali di Calcio del 1970 è una rottura di coglioni, con l'aggravante dei supplementari).
Lo è in un particolare mercato, nel quale si muovono i media di cui sopra.
Poi, certo: ci sono Italiani che amano le arti marziali e - legittimamente - vorrebbero averne notizia sui media nazionali mainstream. Altrettanto legittimamente, contesteranno la mia sintesi un po' troppo netta: ogni scarrafone, in fondo, è bello a mamma sua. Ma in Italia, oggi, gli scarrafoni cui interessa il judo non sono molti, mentre l'italico scarrafone medio sbiella per due calci tirati ad una palla.

Quindi: se (ed è un se grande come una montagna) si accetta il darwinismo economico capitalista per cui sopravvivono, o addirittura vedono la luce, solo prodotti che vendono: e se si accetta che un giornale od un telegiornale si muova, per quanto riguarda lo spazio dato alle informazioni, con logica di prodotto/profitto (precondizioni queste che non mi paiono in discussione nei contesti ove si piagnucola per la mancata notizia da judochi), è fuori luogo poi meravigliarsi perché nel 2015 in Italia si parla quasi solo di calcio (anni fa il sito web del maggior quotidiano sportivo italiano relegava la notizia di Bettini campione del mondo di ciclismo e quella della Nazionale di pallavolo femminile campione d'Europa alle spalle del risultato del derby di Torino - per dire).
Tutto qui: la retorica dell'italico orgoglio per il connazionale che eccelle nello sport invece me la risparmio (risparmiandovi i relativi commenti), ché qualunque forma di anche solo velato nazionalismo è per quanto mi riguarda l'equivalente ideologico della spazzatura.

Destre

Sbagliano fin da piccoli, tra destre e sinistre, finendo talvolta per indossare due destre - ancorchè una più rossa dell'altra.
L'ambiguità cresce accanto a noi: e poi ci lamentiamo di Renzi...

Delta

La differenza sono le MIE colazioni di due settimane...

domenica 21 giugno 2015

Conta solo aprire la bocca

Fa quasi tenerezza scoprire che, dopo la finale di Coppa dei Campioni persa col Barcelona (cui va tutta la mia interistissima gratitudine), tutta la fascisteggiante retorica bianconera del #contasolovincere è evaporata come neve al sole della Catalogna, lasciando il posto, nello juve-pensiero (mi scuso per l'ossimoro) dei filosofi di riferimento Agnelli, Buffon e Chiellini, ad un più mite è comunque un onore essere arrivati secondi.
A pensar male tornano in mente la volpe e l'uva, nel mio piccolo preferisco pensare ad un ravvedimento, meglio tardi che mai!, se non altro fino alla prossima occasione. Viene il dubbio che, in fondo in fondo, più che vincere conti solo aprire la bocca - chi perde, poi, è sempre la logica.

lunedì 11 maggio 2015

Seconda settimana

Seconda settimana: se andrà come la prima sarò certo che mai cambiamento fu più azzeccato.

Ho imparato già molto, studiato cose nuove, scherzato e riso con i nuovi colleghi.
Ho scoperto la comodità dell'essere vicinissimo a casa e quanto tempo questo faccia risparmiare - con gli ovvi vantaggi per ciò che riguarda l'umore.
Ho sorriso grazie a mia figlia, che martedì mi ha chiesto "Papà, ma anche oggi cambi lavoro?"...
Oggi scoprirò quant'è bello pranzare con mia moglie senza che questo significhi correre...

Dunque: so far, so good...

martedì 5 maggio 2015

Il giorno dopo

Primo giorno di lavoro altrove dopo otto anni e mezzo: un po' di strizza, molto entusiasmo, colleghi simpatici, una partita a freccette (vinta, va detto) e, a sera, la sensazione, per quel che vale dopo una manciata di ore, di essere finito nel posto giusto.

martedì 28 aprile 2015

La strada

Ok, in questo caso sono io che me ne vado - come ho già scritto qui. Ma questa canzone mi pare ci stia bene lo stesso - ed in ogni caso è canzone che mi piace.
E dopo tutto: si tratta del mio blog - non è che devo sempre stare a spiegare quello che pubblico, no?


giovedì 23 aprile 2015

Il lungo addio

Sono passati, alla fine, questi tre mesi da dimissionario: una settimana, ancora, e saluterò per l'ultima volta tanti colleghi.
Dopo otto anni e mezzo di lavoro insieme, da subito con alcuni, da poco con altri - come in ogni viaggio, ci sono stati temporali e giornate di sole; come in ogni cammino, la meta conta forse meno del modo in cui ci si è arrivati: nel mio caso, imparando moltissimo dal punto di vista professionale ed incontrando tanti compagni di viaggio che è valsa la pena conoscere - chi se n'è andato anni fa e chi rimarrà per tutta la vita, chi ha lavorato una vita con mio papà ma non mi ha trattato come un ragazzino e chi il suo primo giorno di lavoro s'è trovato davanti me e gli sarebbe potuta andare peggio, chi lavorava con me già prima e mi ha in qualche modo raggiunto, chi con me non ha mai lavorato ma due chiacchiere al caffè si sono fatte, chi ho visto ogni giorno e chi ho sentito solo per telefono...
E se anche alla fine ho deciso di andare altrove - perché amo i temporali e le giornate di sole, la neve ed il caldo torrido, ma lunghi periodi di cielo grigio sempre uguale non sono mai stati la mia passione - tante persone inevitabilmente mi mancheranno, e questo lungo addio che dura da mesi forse non sarà nemmeno sufficiente per salutare e ringraziare tutti: per le cose imparate e le cose insegnate, per una risata al momento giusto od una telefonata in quello sbagliato, per il sole ed i temporali, appunto.
È stato comunque bello camminare insieme - e non si è trattato di due passi. Buon viaggio a tutti - ed alla prossima volta.

venerdì 3 aprile 2015

Connessione e globalizzazione

Io, residente a Brescia, in un ridente paesino sul Mar Ligure rispondo ad un signore inglese che mi chiede di fornire una raccomandazione (nel senso di LinkedIn, non in quello della DC...) relativa ad un ex collega, mio concittadino, che ora lavora a London.
Roba che se me l'avessero raccontato quindici anni fa forse mi sarei messo a ridere.

mercoledì 1 aprile 2015

Cantanti e cacche

Io: Irene, hai finito di fare la cacca??
Irene: mi fembra di no...
Io l'ho presa come una citazione di Jovanotti - il quale, visto l'argomento, è esempio migliore di Morandi, per dire...

lunedì 30 marzo 2015

Integralismi integrati

Ed eccoli qui, Campioni Della Fede di ogni colore, tutti insieme appassionatamente a manifestare contro i diritti altrui - a ricordarci che arroganza ed omofobia, come ogni forma di stupidità, non conoscono confini religiosi od etnici e non sono, dunque, appannaggio esclusivo di questo o di quel gruppo integralista.

giovedì 29 gennaio 2015

Con la schiena dritta

Ora: lungi da me qualunque antipatia preconcetta nei confronti di Sergio Mattarella (per quanto probabilmente dell'ennesimo democristiano al Quirinale io non senta esattamente la necessità, ecco); e lungi da me qualunque impostazione pseudo-grillina da la-Repubblica-è-il-male-assoluto.
Ma: noto con un certo divertimento che il quotidiano più letto d'Italia ha già iniziato la campagna di beatificazione del candidato ufficiale del PD (qualunque cosa voglia dire: PD, intendo) alla Presidenza della Repubblica...


sabato 10 gennaio 2015

Dieci volte De André

Questo post è la risposta ad una domanda postami, troppi mesi fa ed in altra sede virtuale, da un'amica alla quale, per ovvi motivi deandreiani, un po' invidio l'essere di Genova.
Quali sono le tue tre canzoni di De André preferite?, mi chiedeva; questo post è, principalmente, una risposta a quella domanda - se non fosse che tre è numero decisamente fuori portata per la mia mente che predilige l'analisi alla sintesi, e forse anche per il tempo che passa e che, passando, modifica preferenze ed abitudini musicali senza cancellare l'importanza od il valore di quelle passate.
Questo dunque è il riassunto, si fa per dire, della mia vita con De André fino ad oggi - trentasei anni, nove mesi, ventidue giorni ed una manciata di ore dopo quel diciannove marzo - eccetera, eccetera.

Nota del redattore: la numerazione ha il solo scopo di contare fino a dieci e non rispecchia in alcun modo un qualche, per quanto mi riguarda in proposito assolutamente inesistente, ordine  di preferenza personale.

Comincio dalla fine, come sempre è comodo e troppo spesso banale.
Tre canzoni (troppo facile sarebbe stato utilizzarle, subito, come risposta - e finirla lì) che, più delle altre, da qualche tempo in qua, mi accade di cantare - per il diletto delle mie figlie, la rassegnazione di mia moglie e la disperazione della restante parte, per altro assolutamente minoritaria come importanza, dell'Universo.
1. Se ti tagliassero a pezzetti
2. Hotel Supramonte
3. Canto del servo pastore

Salto indietro di quasi trent'anni: estate 1985, mia mamma canta La guerra di Piero ed io piango (sospetto più per il nome dello sfortunato protagonista, assonante al mio, che non per il messaggio della canzone) - ed in generale i ricordi di me, bambino, indirizzato verso certi gusti musicali dalle canzoni cantate da mia mamma (che poi non si dica che sono il primo, della famiglia, a fare pressioni di questo genere sulla generazione successiva):
4. La guerra di Piero
5. Il pescatore, Bocca di rosa: due canzoni per un numero solo, vecchio trucco di chi non sa decidersi ma anche un modo per sottolineare come, dentro di me, difficilmente esiste una senza l'altra: quasi tutto ciò che sono, musicalmente, viene da lì.
A questa sezione andrebbe poi forse aggiunta La canzone di Marinella - ma La canzone di Marinella è una canzone che difficilmente mi viene in mente di cantare o di ascoltare - direi quasi che non la amo. E tuttavia quando accade sempre ne sono soddisfatto e, in fin dei conti, felice (lasciate fuori da questo discorso Mina, però: ve ne prego). Non lo so. Così... la nomino senza contarla - e mi tengo un numero libero...

Terza sezione: l'innamoramento. Quello mio, personale, con De André - non più mediato da pressioni materne ed ancora ben lungi dal divenire a sua volta pressione paterna.
6. Il testamento di Tito
7. La città vecchia
8. Volta la carta
9. Amicofragile (da cui, per altro, il dominio)

Varie ed eventuali: una sola, in rappresentanza di tutte le canzoni di De André che amo, ascolto, sento mie con tutto me stesso, per quello che raccontano, per l'idea del mondo, per così dire, che rappresentano. Riscrivessi cento volte questo post, cento volte ne sceglierei una diversa - e mi viene il dubbio che non sia colpa della mia forma mentis eccessivamente analitica bensì, assai più semplicemente e ciò nonostante per nulla banalmente, merito di De André:
10. Nella mia ora di libertà