venerdì 6 ottobre 2023

La festa dei nonni


Non si parlava di "Festa dei nonni", quando ero ragazzino. L'hanno inventata dopo, forse, o forse semplicemente non aveva ancora preso piede.

Ora c'è la festa ma, nel mio caso, mancano ormai i nonni. Mi sentivo fortunato, alla fine delle medie, perché ne avevo ancora quattro - cosa non frequentissima al tempo tra i miei coetanei. Poi nel giro di quattro anni scarsi ne ho persi tre e solo la mia nonna paterna, che se n'è andata tre anni fa alla tenera età di novantacinque anni, mi ha visto - tanto per dire - diplomato, laureato, sposato, con figli.

Mi è capitato spesso di pensare a che cosa gli altri nonnni avrebbero detto di me, delle mie scelte, della mia famiglia, in generale dell'adulto che sono diventato - e del quale, forse, hanno intravisto qualcosa, nel bambino che hanno conosciuto.

Non sono incline a pensare in termini di un qualche "aldilà": per quanto mi riguarda l'unica eternità sta nel ricordo che si lascia. Eppure a volte penso che, per fare ancora due chiacchiere con i miei nonni, non sarebbe poi male scoprire che mi sbaglio...

giovedì 8 giugno 2023

Buon viaggio...

Eccoci qua, alla fine: un ultimo tratto da percorrere insieme e le strade che si dividono. Un sacco di ricordi da portare via - e forse davvero non c'è posto per tenere insieme tutte le puntate di una storia...

Otto anni fa, quando sono arrivato, non avevo alcuna idea di tutto quello che avrei imparato e del gran numero di persone con le quali avrei creato un qualche legame cambiando lavoro. Ora non posso che sentirmi fortunato per tutto questo: il viaggio è stato lungo, pieno di dettagli emozionanti che hanno contribuito a farmi diventare la persona che sono ora e della quale, quando è iniziato, sapevo ancora pochissimo.

E davvero l'incanto è stato godersi un po' la strada percorsa insieme: non sempre facile, ma quasi sempre esattamente dove e con chi si sarebbe voluti essere -  e questo non è poco.

È difficile pensare ai prossimi otto anni senza la presenza quotidiana delle persone che mi hanno accompagnato negli ultimi otto: confido che sarò capace di camminare anche senza di loro senza perdere il desiderio e la voglia, di tanto in tanto, di un saluto, due chiacchiere, un abbraccio, una risata insieme.

È stato bello viaggiare con voi: è stato un divertimento, un piacere; è stato, di tanto in tanto, motivo di emozione e di orgoglio. Probabilmente direi che è stato un onore, se solo questo termine non mi facesse pensare, quasi automaticamente, a treni che arrivano in orario.

E dunque buon viaggio a tutti: non so dove  porterete le vostre strade né dove io porterò la mia, ma troveremo, ne sono sicuro, il modo - di tanto in tanto - di farle incrociare.

giovedì 18 maggio 2023

Ringraziamenti (analitici)

Se mai scriverò un libro - o, volendo essere ottimisti: quando ne scriverò uno - la parte migliore saranno probabilmente i ringraziamenti; d'altra parte sono uno di quei lettori che legge sempre e quasi sempre apprezza quelli che gli capitano tra le mani e non ho nessuna difficoltà ad ammettere che, della mia tesi di laurea, sono stati l'unica parte che ho davvero sentito mia e che, più di vent'anni dopo, rileggerei.

Otto anni di trascorsi comportano però la necessità - o, se non altro, il desiderio, il che tutto sommato non fa grande differenza - di ringraziare molte persone per molti motivi - e dunque il rischio che questo post, nella mia nota e talora frustrante tendenza all'analisi, non finisca mai: in ogni caso immagino che lo scopriremo.

Grazie dunque a chi in questi anni ha sopportato le mie battute un po' idiote, la mia inclinazione a monopolizzare la tastiera anche quando si lavora in coppia, la mia generale tendenza ad essere un vicino di banco disordinato e chiacchierone: dubito che per questo vi spetti da qualche parte un qualche paradiso, ma la mia gratitudine eterna... quella di certo.

Grazie a chi non mi ha mai fatto sentire quello nuovo, nemmeno il primo giorno, né solo, e magari nemmeno lavoravamo insieme. A chi mi ha dato fiducia da subito, e non era ovvio; a chi ha chiesto la mia e generalmente è stata una fiducia ben riposta.

Grazie a tutti delle risate, in pausa o durante il lavoro o la sera davanti ad una birra - ok, ad un succo di frutta: è stato bello lavorare con voi, lavorare in questo modo.

Grazie di tutte le conversazioni tecniche, quasi sempre interessanti e coinvolgenti, grazie delle opinioni diverse dalle mie, delle discussioni e di tutte le occasioni di confronto: nessun uomo è un'isola, in fondo... o forse sì, ma come arcipelago non siete stati niente male.

E grazie, ovviamente, del fatto che, questa volta, non avrò aneddoti da raccontare su un ex collega serial-killer o su un collega che non mi stupirei di vedere a Chi l'ha visto?: sembra scontato ma, come sapete dai miei racconti, non lo è poi sempre.

A chi avevo incrociato in un'altra vita lavorativa, tanti tanti anni fa, e benché ci punzecchiamo a vicenda di continuo per motivi calcistici è diventato un buon amico. A chi mi ha detto che dovrei scrivere di più e con ogni probabilità se ne sta pentendo. A chi, stupendomi un po' ma riempiendomi di soddisfazione, mi ha detto "non scrivo bene come te": spero solo che, a questo punto, non abbia cambiato idea. A chi rientrerà dalle ferie il giorno in cui saluterò tutti e punta, penso, a farmi commuovere, cosa per altro non particolarmente difficile. A chi ha vissuto insieme a me qualche momento di stress, superato insieme con un sorriso, ed a chi nei suoi ha usato il mio punto di vista esterno e la mia apparente tranquillità come una camomilla. A chi negli ultimi mesi ha passato ore a fare pair con me, tra figlie, gatti, pranzi ad orari strani ed una comune tendenza alla chiacchiera che penso abbia reso le cose facili ad entrambi ma ora le rende un po' più difficili, spero ad entrambi ma a me di certo.

Grazie per tutte le conversazioni inaspettate, a volte serie ed a volte spensierate, non sempre profonde ma quasi mai superficiali - al caffé, in spiaggia, sulla porta o nel cortile dell'ufficio, alla lavagna, con un libro in mano, in coda al bagno, in auto, per strada, commentando un fatto di cronaca o un'idea, facendo filosofia spicciola (tutti tranne uno, che rimane un filosofo professionista anche se ottimanente travestito da dev): ho parlato tanto ma, ve lo assicuro, vi ho anche ascoltati... mi avete dato tantissimo e ciò che mi avete raccontato è in qualche modo parte di me.

Grazie a chi, salutandomi dopo l'ultimo incontro che ha coinvolto tutti, mi ha detto qualcosa che suonava un po' come "e perché mai non ci dovremmo rivedere?": grazie di cuore, perché era una cosa che non mi aspettavo ed avevo un gran bisogno di sentirmi dire.

E, ultima ma non certo in ordine di importanza, grazie a Madda, per la foto di Totti sul suo desktop il mio primo giorno di lavoro, per il "tormento" annuale dei maglioni natalizi, per le query della morte ed ovviamente per tutto il cibo che ha portato in ufficio in questi anni... e, al di là degli scherzi, per tutte le osservazioni, i commenti, i consigli garbati e le idee mai banali che quasi quotidianamente ci siamo scambiati in tutto questo tempo in cui è stato bello essere colleghi e facilissimo diventare amici... e perché mi eviterà di essere l'unico con gli occhi umidi al momento dei saluti...

Grazie a tutti, davvero: e alla prossima volta.

mercoledì 17 maggio 2023

Otto anni in quattro giorni

Ok, non me l'avete resa facile - proprio per niente.

Quattro giorni di company meeting al mare, quattro giorni a parlare, ridere, mangiare troppo, cucinare pasta fresca, dormire poco, sperimentare idee, discutere, camminare in spiaggia alle sette del mattino... quattro giorni non voglio dire come una famiglia, ma come una compagnia di amici sì - un mese prima del mio ultimo giorno...

No, non me l'avete resa facile - e va bene così e ve ne sono grato: non mi sarei aspettato niente di meno.

Così quel che mi porterò via, quel che di queste strane giornate mi porterò dentro è la sensazione, struggente, che mi mancherete tantissimo - quelli con cui lavoro da otto anni e quelli che ho appena iniziato a conoscere, chi ha più o meno la mia età e chi è più vicino a quella delle mie figlie.

E - maledizione! - quelle che verranno saranno le settimane lavorative emotivamente più difficili della mia vita: un lungo addio a tante persone cui ho voluto bene ma, per me che tendo a definirmi senso-di-appartenenza-leso, anche un lungo addio ad un ambiente del quale ho finito per sentirmi parte senza grande fatica.

È una sensazione strana, quella che provo: la razionalità, cui mi piace mostrarmi più devoto di quanto probabilmente in realtà io non sia, mi dice che la nuova esperienza non sarà meno bella di questa, non sarà meno piena né meno ricca di persone che diventeranno importanti nella mia vita; ma il cuore ha ragioni che la ragione non conosce, come diceva Blaise Pascal quando, nel tempo libero, scriveva sui Baci Perugina, ed anche senza voler tirare in ballo Ungaretti il mio cuore, al momento, è un paese piuttosto straziato - e va bene così: che senso avrebbero avuto gli ultimi otto anni se, in questo momento, mi sentissi diversamente?

Così, immerso in questo strano dolore che Baricco descriverebbe come morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai e che io, nel mio piccolo, avrei definito partecipare ad una splendida festa sapendo che non si parteciperà alla prossima, non posso che fare la lista delle cose belle delle quali sentirò la mancanza ma che, pian piano, diventeranno racconti ed immagini felici di quello che, sin qui, è stato senza dubbio - e per distacco - il periodo lavorativo più bello della mia vita: la musica agli standup meeting, per me che di musica ascolto due cose in croce e tendo a non amare le scelte altrui; i kata del venerdì pomeriggio, tutte le volte che abbiamo trovato il tempo: scusate se è sempre stato piuttosto difficile farmi mollare la tastiera; le ore dedicate a fare formazione a chi su alcuni temi ne sapeva meno di me ma ha finito per insegnarmi moltissimo; il codice letto e scritto, insieme o da soli, su mille progetti ciascuno dei quali mi ha lasciato qualcosa; le pause caffé a parlare di niente; i gatti di Ale B, sempre sotto i riflettori a differenza della mia; le partite a freccette, nell'ufficio vecchio, quando ancora eravamo in pochi; una demo ufficiale con clamoroso imprevisto, una mattina di dicembre di tanti anni fa, nei minuti di maggior pressione della vita lavorativa mia e di Umberto; un po' di matematica alla lavagna, quando è capitato (e se non capitava ok, l'ho fatto capitare); i clienti strani, quelli che ci hanno regalato infiniti aneddoti da raccontare, quelli che ci hanno irritato e dato fastidio ma poi un sorriso insieme l'abbiamo sempre ritrovato; la persona cui più di tutte mi sono legato, che mi ha detto che non metabolizzerà mai il fatto che non saremo più colleghi ma lo sapevo già da me perché per me vale la stessa cosa: grazie di cuore, anche se insieme non abbiamo lavorato poi tanto, ma è stato bello; e tutti gli incontri inaspettati, i problemi risolti insieme, il tormentone sui treni in orario, una classe VB.net da diciassettemila righe il primo giorno di lavoro, con Alberto e Stefano che se ne sono andati ben prima di me; le battute idiote e le freddure indesiderate per le quali comunque qualcuno che rideva l'ho trovato sempre...

La lista potrebbe continuare - e continuerà, in ossequio a quella diarrea verbale di cui parlava Elias Canetti a proposito del suo rapporto con la scrittura, ma continuerà altrove: qui vorrei tornare su quattro belle giornate che sono state, per me, lo specchio di questi otto anni e di conseguenza un flusso di emozioni a momenti dolorosamente intense.

Non l'avevo previsto ma la cosa, dopo la smarrimento iniziale, mi è sembrata bella: difficile, strana, a tratti sgradevole e sempre piuttosto estenuante - ma bella, ed in qualche modo viva. E mi ha ricordato un brano letto un secolo fa e poi riletto mille volte: c'erano cocci ovunque, e tagliavano come lame. L'ho riletto - il tema è piuttosto diverso da quello di questo post - e ci ho ritrovato (non ricordavo fosse qui, pur avendola citata mille volte, con ogni probabilità spesso a sproposito) un'altra frase che mi è stata cara e che mi riporta al mio rapporto con la scrittura: Lui dice che scrivere a qualcuno è l'unico modo di aspettarlo senza farsi del male.

E quindi eccomi qui, a scrivere in pochi giorni più di quanto abbia fatto negli ultimi anni, riscoprendo come una tastiera possa servire per qualcosa di diverso da pur interessanti righe di codice, infilato con tutti i capelli in un flusso di lettura-scrittura-musica-bicicletta-riscrittura-rilettura che ha molto di quando ero un ragazzino ma la consapevolezza un po' rassegnata e talvolta pragmatica dell'adulto che, nonostante i miei sforzi, sono diventato - forse sarebbe stato sufficiente scrivere eccomi qui, a sentirmi ancora una volta vivo con una penna (si fa per dire) in mano, ma si sa che il giorno in cui insegnavano la sintesi io ho marinato la scuola - e la battuta su olio e limone per questa volta ve la risparmio, o forse no, ché poi questo umorismo molesto e inopportuno un po' vi mancherà...


domenica 14 maggio 2023

Otto anni dopo


Comincio dalla fine: tra quattro settimane cambierò lavoro. Chi lo deve sapere già lo sa, agli altri probabilmente non interesserà più di tanto - sempre che qualcuno legga ciò che scrivo.

Ma, come tante altre volte, come sempre forse, si scrive più per se stessi che perché qualcuno legga: si scrive come forma grezza di auto-analisi, come modo per trasferire le proprie emozioni in parole e poterle rileggere, un minuto o mezza vita più tardi, ritrovandovi e rielaborando qualcosa di ciò che si è - o che si è stati.

L'ultima volta che ho scritto qualcosa su questo tema era la primavera del 2015 - circa otto anni fa. Sembra passata una vita e probabilmente è così: le mie figlie piccine hanno iniziato a diventare grandi, il mio vissuto si è colorato di nuove esperienze, nuove persone fanno parte del mio mondo e qualcuna, anche importante, se n'è andata, pur rimanendo dentro di me.

Ci sono più rughe, più capelli grigi - ed una certa dose di incapacità a rassegnarmi all'idea di non essere più il ragazzino che, dal mio punto di vista, sembra non essersene mai andato ed avere ancora, in qualche modo, il desiderio e la voglia di sognare e provare cose nuove.

Scrivo meno, probabilmente scrivo peggio, scrivo bene o male solo quando penso di avere qualcosa di interessante da dire (non è questo il caso - non è quasi mai il caso, se escludiamo contenuti tecnici) o quando, per qualche motivo, la mia componente emotiva è sotto pressione e quella razionale non trova altri modi per darle sfogo: oggi il caso è senza dubbio questo.

Tra quattro settimane avrò salutato tutti un'ultima volta e solo dieci giorni fa non immaginavo quanto sarebbe stato... emotivamente intenso ed impegnativo... scrivere - anche solo pensare - una cosa del genere. Mai come in passato ho la sensazione, per rubare le parole ad una canzone di Francesco Guccini che fa da colonna sonora a queste mie giornate strane, di non saper dire se nasce un periodo o finisce, se dal cielo ora piove o non piove...

(Dal cielo in questo momento per la cronaca piove, a dire il vero: piuttosto forte, anche)

Non conosco altro modo di gestire un'emozione che provare a tradurla in parole: sono stato un ragazzino grafomane, chiedere a chi per anni ha ricevuto lettere di decine di pagine (quando ancora si usava la carta!), sono diventato un adulto grafomane che fa più traffico di rete con WhatsApp e Telegram di quanto non ne faccia con YouTube. E l'emozione di questi giorni, di queste settimane, è e certo sarà un'emozione enorme - che sia perché invecchiando i cambiamenti si fanno sentire più nel profondo, perché questi otto anni hanno fatto di me una persona diversa o perché, più probabilmente, hanno fatto parte della mia vita - chi per tutto il tempo, chi per poche settimane o mesi - tante persone alle quali mi sono affezionato... be', non so dire: ma conta poi davvero qualcosa?

Così... proverò a scriverne, di tanto in tanto, da qui al 9 giugno. Come forma di commiato, come forma di dovuto ringraziamento... ma anche un po' come forma di auspicio per il futuro: l'auspicio di essere ancora una volta abbastanza fortunato, ed in parte forse anche bravo, da costruire legami, più profondi con alcuni ed inevitabilmente più superficiali con altri, ma degni, tutti, di essere raccontati e di far soffrire un po' (molto) all'idea di lasciarli andare...

domenica 26 febbraio 2023

Tranquillo

Recente l'esternazione del Presidente del Senato Ignazio LaRussa: "se mio figlio mi dicesse di essere gay", dice La Russa, "per me sarebbe un dispiacere, come se fosse milanista".

Interessante l'accostamento tra due ambiti cosi distanti tra loro, l'orientamento sessuale di una persona ed il tifo calcistico; in termini di comunicazione però la tecnica mi pare chiara: strizzare l'occhio all'omofobia di chi la pensa come lui (stiamo pur sempre parlando di una persona fiera di tenere in casa un busto di mussolini (la minuscola è una scelta, non un refuso): difficile avere dubbi) e poi subito buttarla in caciara con il paragone calcistico - per annacquare il tutto e rispondere preventivamente alla prevedibile ondate di critiche.

Scelta suppongo ahimé efficace, benché certo non da "padre dell'anno" - e penso che Igna' possa di conseguenza stare tranquillo: se mai uno dei suoi figli fosse gay, si guarderebbe bene dall'andarglielo a dire...