Secondo post "politico" sul mio stato d'animo alla vigilia di un appuntamento elettorale: con lo stesso sgradevole
feeling del
primo, il quale se non altro aveva il vantaggio di arrivare prima dell'attuale esperienza di governo gialloverde (ma soprattutto verde - e non nel senso dell'ambiente).
Sono abbastanza giovane da ricordare quando andare a votare era una gioia e le settimane precedenti il voto un periodo di entusiasmante attesa; e sono abbastanza vecchio da aver perso per strada, in ventitre anni ai seggi, quasi tutto quel gusto dell'attesa e quasi ogni gioia nel votare.
Il nocciolo del problema è, manco a dirlo, l'incertezza che fino all'ultimo mi accompagnerà nella "gita al seggio" di domani - e la consapevolezza che se non andassi a votare, in fondo, non avrei la sensazione (di pancia) di essermi perso granché, ma solo la certezza (di testa) di non aver fatto il mio dovere.
So chi non voterò mai, se non altro - non è una novità che scegliere da chi ci si sente diversi sia, per un elettore di sinistra, molto più facile che scegliere a chi sentirsi simili: ed è tutto qui, probabilmente, il vero dramma delle sinistre di casa nostra, capaci negli ultimi vent'anni di sperperare tutto ciò che poteva essere sperperato tra scissioni, personalismi, distinguo sul (quasi) niente.
Così... fedele all'idea molto gaberiana che libertà sia partecipazione andrò a votare, nella speranza di trovare una lista europeista di sinistra con qualche possibilità di superare lo sbarramento... diversamente, fallback sul PD, che se non altro non è più - non ufficialmente né formalmente, se non altro - quello di Renzi.
E se l'ultima volta l'unica speranza era che non vincesse nessuno da solo (cosa che si è poi verificata ma che non ha dato frutti particolarmente buoni...), questa volta è che qualcuno, sulla strada del seggio, sia colto dall'illuminazione che, se vogliamo lasciare qualcosa in eredità ai nostri figli, dell'Europa abbiamo bisogno e nell'Europa dobbiamo credere, al di là delle convenienze personali o di partito ed al di là delle ideologie (ché dell'Europa ha bisogno anche chi dell'Europa non vuol nemmeno sentir parlare...).