domenica 26 maggio 2019

Una maglietta per bandiera

Dunque: certificato elettorale pronto; carta d'identità pronta.
Maglietta rossa pronta.
Si va a votare.

Riflettendo su quanto mi ha scritto un amico, in genere più lucido del sottoscritto, circa l'idea di voto utile - leggi: mainstream - contro voto "sentito": io voterò un partito di massa a sinistra solo quando al suo interno sia riconciliata e presente una componente socialista, forte e organica. Votare una espressione più pulita ed educata (forse) del neoliberismo non mi interessa.

Buon voto a tutti.

sabato 25 maggio 2019

Che fare?

Secondo post "politico" sul mio stato d'animo alla vigilia di un appuntamento elettorale: con lo stesso sgradevole feeling del primo, il quale se non altro aveva il vantaggio di arrivare prima dell'attuale esperienza di governo gialloverde (ma soprattutto verde - e non nel senso dell'ambiente).

Sono abbastanza giovane da ricordare quando andare a votare era una gioia e le settimane precedenti il voto un periodo di entusiasmante attesa; e sono abbastanza vecchio da aver perso per strada, in ventitre anni ai seggi, quasi tutto quel gusto dell'attesa e quasi ogni gioia nel votare.
Il nocciolo del problema è, manco a dirlo, l'incertezza che fino all'ultimo mi accompagnerà nella "gita al seggio" di domani - e la consapevolezza che se non andassi a votare, in fondo, non avrei la sensazione (di pancia) di essermi perso granché, ma solo la certezza (di testa) di non aver fatto il mio dovere.

So chi non voterò mai, se non altro - non è una novità che scegliere da chi ci si sente diversi sia, per un elettore di sinistra, molto più facile che scegliere a chi sentirsi simili: ed è tutto qui, probabilmente, il vero dramma delle sinistre di casa nostra, capaci negli ultimi vent'anni di sperperare tutto ciò che poteva essere sperperato tra scissioni, personalismi, distinguo sul (quasi) niente.

Così... fedele all'idea molto gaberiana che libertà sia partecipazione andrò a votare, nella speranza di trovare una lista europeista di sinistra con qualche possibilità di superare lo sbarramento... diversamente, fallback sul PD, che se non altro non è più - non ufficialmente né formalmente, se non altro - quello di Renzi.

E se l'ultima volta l'unica speranza era che non vincesse nessuno da solo (cosa che si è poi verificata ma che non ha dato frutti particolarmente buoni...), questa volta è che qualcuno, sulla strada del seggio, sia colto dall'illuminazione che, se vogliamo lasciare qualcosa in eredità ai nostri figli, dell'Europa abbiamo bisogno e nell'Europa dobbiamo credere, al di là delle convenienze personali o di partito ed al di là delle ideologie (ché dell'Europa ha bisogno anche chi dell'Europa non vuol nemmeno sentir parlare...).

domenica 12 maggio 2019

La prova del nove

Sono stato tre giorni in montagna con tutti i colleghi, in occasione di un'iniziativa di team building in cui, tra le altre cose, alcuni di noi - immodestamente autocandidati ma  democraticamente selezionati - hanno avuto la possibilità di parlare agli altri di un argomento a scelta: tra gli altri, vino, nodi, supereroi "reali" (nel senso della realtà, non nel senso del re: tutti repubblicani, quanto a questo),  videogiochi, kung fu.

Io ho scelto una minuscola goccia nel mare della matematica - del resto, c'è altra disciplina che valga la pena studiare?

Così ho parlato della prova del nove, croce e delizia di tanti studenti di medie e superiori: del perché funziona (la funzione che ad ogni intero associa la sua classe di resto in modulo k "si comporta bene" con le operazioni di somma e prodotto - tecnicamente: è un isomorfismo da Z in Zk), di quali sono i suoi limiti, del perché - benché sia possibile - non si utilizzino la prova del cinque o quelle del sette bensì proprio quella del nove. Conclusione scoppiettante con una moltiplicazione in base quattro il cui risultato abbiamo verificato con la prova del tre.
Sipario.

Nessuna slide, lavagna di carta ed un paio di pennarelli (lo scopo principale del cui design sembra essere quello di trasferire l'inchiostro dal proprio interno alle mie mani). Una mezz'ora, probabilmente abbondante nonostante le promesse.

È stato bello, mi sono divertito (non so se per gli uditori si possa dire lo stesso e qualche faccia perplessa c'era) ed oggi, dopo un paio di giorni di "decantazione", ho realizzato che si  è trattato della prima lezione di matematica della mia vita, se escludiamo qualche sproloquio destrutturato alla lavagna in ufficio tanti anni fa  e qualche lezione privata ad un amico di mia sorella che, per anonimato e con riferimento al livello di ricettività, chiameremo ciuchino.
Ho sempre avuto il dubbio di aver sbagliato qualcosa, nelle mie scelte universitarie ed in ciò che ne è seguito professionalmente. L'esperienza in università mi ha insegnato che nulla emoziona quanto spiegare qualcosa che piace. Questa esperienza mi regala il dubbio che nulla emozioni quanto insegnare qualcosa che si ama - e c'è qualcosa che meriti più amore della matematica?