Di nuovo all'ordine del giorno il tema delle intercettazioni telefoniche: il buffone nazionale minaccia "Se escono mie telefonate, lascio l'Italia". Fin troppo facile commentare che, se la persona avesse fama di mantenere la parola data, sarebbe una buona occasione di cui approfittare: così non è, per cui tanto vale rinunciare sin da subito a considerare la frase in questione una promessa.
Mi interessa invece il discorso delle intercettazioni: al solito, quel che interessa ai politici non è tanto verificare se si verifichino pubblicazioni di intercettazioni "impubblicabili" perché non ancora rese pubbliche (con la comunicazione, ad esempio, all'interessato indagato) nel corso di un'indagine, quanto piuttosto impedire in generale qualunque possibilità di far sapere ai cittadini che cosa i nostri politici dicono al telefono, soprattutto quando si tratti di qualcosa di imbarazzante od illegale.
Penso vi siano due diversi "piani" da valutare: senza dubbio esistono contenuti penalmente rilevanti che è opportuno che l'autorità giudiziaria possa conoscere e valutare opportunamente. Questo vale per tutti, ovviamente, non solo per i politici.
Nel caso dei politici, tuttavia, esistono anche contenuti che, benché non penalmente rilevanti, sono senza alcun dubbio inopportuni e, dunque, imbarazzanti. Penso alle telefonate di Fassino sul tentativo di scalata ad Antonveneta, penso alle raccomandazioni del giullare per questa o per quell'attricetta, alle allusioni ad un certo tipo di "ricompensa". Penso ad intercettazioni - pubblicate in America Latina, mai ovviamente in Italia - in cui si parla di certe particolari abilità di un ministro in carica.
Nulla di penalmente rilevante, ma molto di cui l'opinione pubblica è giusto sia informata: in fondo, voglio sapere se il politico per cui voto tenta di influenzare il mondo bancario o di piazzare una qualche conoscenza particolarmente gradita in qualche fiction piuttosto che in un ruolo istituzionale.
E' un po' il discorso che Di Pietro fa a proposito delle intercettazioni a carico del figlio: nulla di penalmente rilevante, ma molto di inopportuno, e non c'è figlio che tenga: la legge è uguale per tutti.
Vorrei rassicurare infine il premier, secondo cui non è democratico un paese nel quale tutti abbiano paura di essere intercettati. Ecco, stia tranquillo: non tutti hanno paura di essere intercettati. Non ce l'ho io, non ce l'hanno milioni di persone. Per citare un suo alleato di governo e Ministro, l'onorevole Maroni, delle intercettazioni e della "pubblicità" dei proprio fatti personali ha paura solo chi ha qualcosa da nascondere. Agli altri può dar fastidio, ma certo non provoca preoccupazione.
A me da fastidio essere intercettato, ho avuto una pessima esperienza in merito.
RispondiEliminaAlla fine dopo mesi di indagine, ne è venuta fuori la mia piena innocenza, oltre che quella di circa 400 persone...
Ritengo che le intercettazioni però siano necessarie durante le indagini. Aiuterebbero a scovare rapidamente le informazioni necessarie ad un eventuale processo contro gli indagati.
Ripeto comunque, per esperienza diretta, che chi non ha nulla da nascondere, non deve temere nulla.
È per questo che l'atteggiamento del diversamente onesto Berlusconi appare sospetto.
P.s: Invito chiunque a leggersi il libro online sull'Italian Crackdown, un momento buio della nostra pietosa giustizia.