D'accordo, lo ammetto: l'ho fatto di nuovo. Sono entrato in una libreria, e ne sono uscito con un altro libro. Mi capita sempre più spesso, tanto che i libri da leggere si accumulano, tra acquisti e regali, più velocemente di quanto poi riesca in effetti a godermeli. Ho comprato l'ennesimo libro, dunque. E l'ennesimo libro relativista ! Si tratta de "Il matematico impenitente", raccolta di articoli di Piergiorgio Odifreddi, autore del famoso "Il matematico impertinente".
Ancora una volta, mi sono lasciato vincere dal fascino dell'idea di valutare l'attualità, la politica, la religione, la vita della società in cui viviamo sulla base della logica e dell'apertura priva di pregiudizi nei confronti delle idee degli altri, piuttosto che sulla base di dogmi e di posizioni "calate" dall'altro. Per me relativismo significa questo, affrontare una discussione nel modo più laico possibile, con l'idea che non esista a priori una verità, ma solo tanti piccoli pezzi di verità, tanti modi di esprimerla, nessuno più giusto o più degno, nessuno più vero degli altri. Trovo che, contrariamente a tante voci fin troppo istituzionali che tentano di orientare le discussioni in conformità a postulati precostituiti, possa valere la pena di ragionare (anziché credere) sulle cose fissando solo le regole logiche del ragionamento: non postulati dunque, bensì assiomi, per utilizzare una terminologia matematica. Porre a priori le regole di coerenza del ragionamento (ad esempio, è incoerente sostenere x ed il suo contrario, è incoerente scegliere di escludere dalla propria vita il tema y e voler insegnare agli altri come comportarsi a proposito di esso) senza nulla voler imporre a proposito del merito delle affermazioni. In due parole, pensare piuttosto che credere. Non la trovo una cosa particolarmente pericolosa, anche se capisco che la sola idea che la gente pensi (dio non voglia, è il caso di dirlo !!! ) possa dispiacere ad alcuni...
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