Perde l'ennesima occasione per tacere, il cardinale Bagnasco: e definisce l'aborto un crimine, un delitto, mostrando di non avere granché chiara la differenza tra crimine e peccato - o di averla fin troppo chiara, e di essere desideroso di eliminarla. L'aborto infatti non può essere definito crimine, dato che esiste una legislazione (ottima) che lo regolamenta e che chiarisce entro quali limiti si possa esercitare libertà di scelta e di coscienza. E' un crimine al di fuori di tali limiti, ma non in assoluto. Che per alcune particolari sette religiose abortire sia considerato comportamento peccaminoso è altra questione: la coincidenza tra crimine e peccato è probabilmente una buona caratterizzazione di "Stato etico" o di "teocrazia", non certo di Stato laico e democratico. E non pare si possano interpretare le parole dell'alto prelato in esclusivo riferimento alla teocrazia d'oltre Tevere, giacché l'obbiettivo dichiarato di Bagnasco sono le elezioni amministrative del prossimo fine settimana, in particolare le regionali del Lazio: in totale spregio di qualunque separazione tra Stato e chiese, in totale spregio della nostra Costituzione.
Entrando nel merito, tra l'altro, varrebbe la pena di ricordare come la legislazione sull'aborto abbia portato - secondo le statistiche ufficiali - ad una drastica riduzione sia del numero delle interruzioni di gravidanza sia del numero delle donne morte in seguito ad essa - anche se è noto che la statistica non è certo il punto di forza di certa parte della società, che si ostina a ripetere, manco fosse un disco rotto, che la pedofilia non riguarda solo la Chiesa ma è diffusa ovunque, affermazione di per sé vera, ma che suona un po' falsa quando si nota che il rapporto casi di pedofilia / popolazione adulta tra i sacerdoti cattolici risulta circa venti volte più alto che nella popolazione italiana nel suo complesso. Evidentemente "esistono valori non negoziabili", ma l'onestà ed il rispetto per i bambini non sono tra questi...
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