"Roma ladrona, la Lega non perdona": tipico ed intramontabile slogan leghista, al pari di "Padroni a casa nostra": frasi che non è infrequente trovare scritte nei posti più disparati, dai cassonetti (a freudiana indicazione di come un certo modo di pensare dovrebbe essere catalogato dall'umanità: spazzatura) alle porte dei bagni dell'università (a dimostrazione che certi luoghi, oltre all'espulsione dei rifiuti del metabolismo, stimolano anche quella della stupidità).
"Roma ladrona, la Lega non perdona" come opposizione ideologica (con licenza parlando: si tratta pur sempre del partito di Bossi e Calderoli!) ad un certo modo di vedere la politica: occasione per arricchirsi, realtà permeata dal nepotismo e dai favoritismi agli amici degli amici, i cui costi ricadono sulla collettività.
Nulla di non condivisibile, anche se sarei curioso di sapere quanti leghisti hanno letto La Casta.
Ho avuto occasione di ripensarci nei giorni scorsi, nel paesino di montagna - in cui la Lega alle ultime elezioni politiche ha superato, da sola, il 50% dei voti - in cui vado da anni. Sul "corso" principale, accanto alla chiesa, si trova un negozio di articoli vari per la casa e per la montagna (io stesso ho il vago ricordo di aver acquistato proprio lì i miei scarponi: cosa che ovviamente ora non rifarei), chiuso da qualche anno. In particolare, da quando il figlio della proprietaria è stato eletto deputato della Lega Nord, e la signora che gestiva il negozio, in perfetto stile Roma ladrona, ha deciso di seguirlo a Roma stipendiata (da me, da ognuno di voi) come sua portaborse.
Nulla in confronto a tante altre cose, una goccia se confrontata col mare di un figlio di papà con stipendio che sfamerebbe sei o sette insegnanti, consigliere regionale in virtù del cognome e della maturità strappata, al quarto tentativo, alla tenera età di ventidue anni (per inciso: considerando tutte le mie conoscenze, non penso di riuscire a totalizzare tre bocciature, non dico nello stesso anno, ma nell'intera carriera scolastica).
Una goccia, certo, ma un eloquente segno che, di fronte ai privilegi della "casta" ed al colore dei soldi, anche la Lega, in fondo, perdona eccome...
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