Paola Binetti è una dirigente del PD, nota principalmente per le posizioni "più papiste del papa", i cilici, le parole in libertà sull'omosessualità. Qualcuno, l'altro giorno, me ne ha parlato dicendo la Binetti è come i talebani (personalmente trovo che i talebani vestano un po' meglio).
Degli ultimi giorni le sue - non certo più illuminate del solito - affermazioni sulle elezioni regionali del Lazio: la Binetti, dopo aver detto di preferire il candidato del PDL (Renata Polverini) a quello del PD (Emma Bonino), ha anche affermato che sosterrà la POlverini e che, in caso di vittoria della Bonino, se ne andrà dal PD.
Ora: è un po' come se, in vista del prossimo derby di Milano, Gattuso dichiarasse di essere interista, di essere intenzionato a tentare di far gol al proprio portiere e che, in caso di vittoria milanista, se ne andrà dalla squadra: un non senso dietro l'altro. Ma mi è chiaro - fin troppo - perché un personaggio del genere preferisca stare in un PD col quale non è d'accordo piuttosto che migrare verso lidi più sistematicamente allineati ai sospiri del Vaticano: perché una figura da crociata nel PD fa parlare di sé ogni giorno, la stessa figura accanto a Rutelli o Casini non farebbe notizia.
Ciò che davvero non capisco, in tutto questo, è perché la dirigenza del PD - il suo segretario Bersani - non le dicano pergo, quella è la porta. O, più ironicamente: se vince la Bonino te ne va? Se vince la Polverini ti cacciamo noi...
Il fatto è che l'opus dei fa gola un po' a tutti.
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