Da giorni, parlando con amici e conoscenti, sottolineo come la Chiesa Cattolica Apostolica Romana sia colta da quasi totale afonia quando si tratti di sollevare rilievi morali nei confronti di chi è ad essa legato da forti vincoli di interesse e di potere: sempre pronti a parlare per dire "No!" al rispetto per la dignità ed i diritti individuali delle persone (che, è bene ricordarlo, non sono tutte, e sono sempre meno, credenti, anche in un Paese tradizionalmente cattolico come l'Italia), sempre incapaci di sussurrare alcunché a proposito della morale e dell'etica dei potenti, anche quando queste stridano nel modo più evidente con quella "ufficiale" di Santa Romana Chiesa.
Ma - è cosa nota - il sottoscritto è un convinto relativista, più propenso a riverire la logica e la coerenza che non all'ossequio verso i Difensori della (propria) Verità. E poi: ateo, apostata e fiero di esserlo, notoriamente anticlericale, dichiaratamente comunista.
Così... è interessante notare come io non sia solo, come all'interno della Chiesa stessa cresca un senso di fastidio e di disapprovazione per l'infinito amore per il Potere - e per chi lo rappresenta - dimostrato ogni giorno di più tra i dirigenti della più ricca organizzazione del mondo (ovviamente senza scupo di lucro :-)!). Non sono solo, mi è chiaro quando ne parlo con parenti, amici e conoscenti che, a differenza di me, sono credenti e spesso praticanti. Mi è chiaro, una volta di più, dopo aver letto questa bella lettera di un sacerdote genovese, che scrive al presidente della CEI manifestando tutta la rabbia ed il disgusto di quella che definirei Chiesa della gente (e che in qualche modo ritengo sia, in fondo, la vera Chiesa, alla quale - serve dirlo? - non si rivolge in alcun modo il mio anticlericalismo).
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