Sette anni fa, come oggi, moriva Fabrizio De Andrè.
Era una giornata fredda di gennaio, probabilmente: come quella di oggi, certo, ma più fredda per il fatto che ci lasciava un grande della musica italiana.
Il primo ricordo nitido che ho di una canzone di Fabrizio risale a più di vent'anni fa, ad una calda sera d'estate in un paese della riviera veneta: mia mamma che canta "La guerra di Piero" a me ed a mia sorella, io che piango, forse perchè ero un bambino e la canzone è triste, forse perchè già allora tendevo a comportarmi, in certe situazioni, come una fontana... o forse, semplicemente, perchè il protagonista della canzone si chiama quasi come me, e fa una fine triste, che ho però sempre considerato una fine "bella". Ed è questa forse un po' la costante delle canzoni di De Andrè, il loro riuscire ad essere, spesso, dolci, ciniche, tristi e divertenti allo stesso tempo: e sempre profonde, sempre canzoni che ti lasciano come un senso di vuoto quando finiscono.
Ho ascoltato le canzoni di Fabrizio fin da bambino, ricordo la prima volta che ho ascoltato un suo album per intero (si trattava del primo volume del concerto con la PFM, inizio anno 1979... non avevo nemmeno un anno, ai tempi, eppure è musica che sento mia come poche altre), la persona che me l'aveva prestato... ho iniziato a cercare tutto ciò che Fabrizio ha scritto e cantato quando ormai lui non c'era più... ed è questo il più grande rimpianto che mi rimane, quello di non aver mai assistito ad un suo concerto. Ma qualcosa di quello che sono, nel bene e nel male, lo devo anche a lui, alla sua musica ed alle sue parole... e dunque, grazie Fabrizio, per avermi insegnato "la mia distanza dalle stelle", per avermi fatto capire che spesso forza e fragilità, in una persona, sono solo due facce della stessa medaglia... e per aver reso il mondo un posto un po' migliore.
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