sabato 10 marzo 2012

L'Italia che non sa amare e la mia definizione di cinismo

Un'avvertenza: questo post è, tra le altre cose, un esercizio di cinismo. Chi fosse disturbato dalla cosa, o non avesse sinapsi sufficientemente agili da comprendere come ciò non comporti in alcun modo il desiderio di mancare di rispetto a persone, storie personali, convinzioni - be', non è obbligato a proseguire nella lettura.

Ed una dedica: a Fabio, mio bianconero confessore, consultandomi col quale ho, temo invano, tentato di mondare la mia anima (?) prima di accingermi alla blasfema scrittura.

Le cronache sportive - si fa per dire - di questi giorni non parlano d'altro che dello striscione esposto da tifosi del Bologna nella recente partita contro la Juventus: facendo riferimento alle recenti, continue polemiche dell'allenatore della Juventus a proposito di rigori non dati alla Vecchia Signora, ed alla drammatica vicenda che, qualche anno fa, coinvolse Gianluca Pessotto, ex calciatore e poi dirigente (tutt'ora, a quanto ne so) della Juve, che tentò il suicidio gettandosi dalla sede della società bianconera, lo striscione in questione recitava: "Pessotto simulatore, si è buttato o era rigore?".

Orrendo, stupido, immondo, vergognoso. Questi i commenti più frequenti, per quel che ho sentito. Devo dire che, in realtà, ho letto i commenti prima di conoscere il testo dello striscione. Poi l'ho letto - e mi è venuto da ridere. Davvero forse sono "l'Italia che non sa amare", mi son detto, con irriverente commistione tra stile evangelico e contenuti forzitalioti (ok, d'accordo: nell'ultima incarnazione si chiama PdL - ma per me sempre Forzitalia rimarrà). Non poco preoccupato da questa rivelazione, ho contattato un amico juventino (poiché, siamo sinceri: tutti ne abbiamo uno; ché la Vecchia Signora è un po' come la Chiesa Cattolica: onnipresente, ecumenicamente accogliente, e sempre pronta a mettertelo nel culo - fin da quando si è bambini...), confessandogli la vergognosa risata - e giungendo ad una riflessione sul mio cinismo, che tenterò di riportare di seguito.

E' noto come la mia forma mentis mi porti, spesso e volentieri, a commentare in modo piuttosto cinico le notizie di cronaca - con una certa preferenza per quelle gridate e montate con l'intento, più che di informare, di suscitare reazioni emotive. Non che io sia esente da queste ultime, com'è ovvio: semplicemente, tendo a pensare che ogni fatto possa avere un aspetto emozionale ed uno razionale. Occuparmi del secondo, dando per scontato che il primo si riproduca con poche differenze tra persona e persona, e sia pertanto meno interessante, è in qualche modo la mia idea di cinismo - che non nega la presenza di aspetti emozionali in quasi ogni vicenda, effetti talora assai preponderanti rispetto alle riflessioni razionali che una vicenda può suscitare: semplicemente, finge di disinteressarsene.

Il senso dell'umorismo, per come la vedo io, spesso funziona in questo modo: poiché divertente è, in genere, l'effetto di straniamento prodotto in chi ascolta quando chi parla dà mostra di ragionare di una questione rimuovendone arbitrariamente gli aspetti emotivi.

In questo senso, e con molte più parole di quelle che ho utilizzato per spiegarmi col suddetto confessore bianconero, ché caratteristica spiccatissima del mio modo di comunicare è quella che Elias Canetti, a proposito di se stesso, definiva diarrea verbale, in questo senso - dicevo - ho riso della frase che tanti commentatori politicamente corretti e buonisti hanno avuto modo di stigmatizzare. Perché l'umorismo quasi sempre è amaro e cinico e quasi mai è buono e politicamente corretto - e personalmente preferisco una risata al sentirmi un bravo ragazzo.

Voglio dire: in quale modo mai la frase della discordia dovrebbe essere offensiva nei confronti di Pessotto? Per come la vedo io, sfotte la recente tendenza bianconera a lamentare mancate attenzioni arbitrali, semplicemente riferendosi ad un fatto di cronaca, drammatico certo, triste probabilmente, e senza dubbio passato ed innegabile. Per come la vedo io, il signor Pessotto in questione potrebbe tranquillamente aver superato la drammatica faccenda di cui fu protagonista - cosa che en passant gli auguro di tutto cuore - ed essersi limitato a stringersi nelle spalle con un mezzo sorriso alla notizia dello striscione... non mi è chiaro perché rievocare un fatto drammatico come questo, prendendolo a pretesto per scherzarci sopra, sia cosa da considerare immonda, orribile e tutto il resto. Non mi pare molto diverso da una battuta che ho letto, un paio di giorni fa, sul sempre divertente spinoza.it, a proposito delle manifestazioni no-TAV in Val di Susa: "Agricoltore sale su un traliccio e rimane folgorato. Gli avevano tolto la terra." Anche in questo caso c'è di mezzo una persona che è finita in ospedale come conseguenza di un'azione volontaria che non si è conclusa come sarebbe stato nelle intenzioni dell'autore: il che è drammatico ed emotivamente spinge com'è ovvio a compatire - nel senso letterale del soffrire insieme - il protagonista, che si tratti di un ignoto agricoltore aspirante scalatore di tralicci o di un famoso ex calciatore aspirante suicida (anche se Santa Madre Chiesa tenta da secoli di convincerci che questi ultimi non meritano il nostro rispetto - ma da queste parti le indicazioni di SMC non sono tenute, si sa, in gran considerazione). Ma (cinismo on) dando per scontato che la reazione emotiva sia (umanamente) più o meno la stessa per tutti (ok, ci sarà qualche lettore di Libero che avrà gioito per l'incidente del traliccio, così come qualche ultrà idiota ha certo gioito, al tempo, per la faccenda di Pessotto: ma confido che la clausola iniziale sull'agilità delle sinapsi abbia dirottato altrove la loro attenzione già da parecchio tempo), la ragione suggerisce in entrambi i casi  la possibilità di un gioco di parole (invero piuttosto da ingegnere elettrico, nel caso di Spinoza) e non vedo perché sorridere non dovrebbe poter essere un modo legittimo, e per nulla vergognoso, di "sfruttare" una triste notizia di cronaca.

Decine di righe senza ancora aver citato De Andrè: colmo la lacuna, puntando al bersaglio grosso, alla canzone cioè dalla quale - immodestamente - questo blog ha mutuato il nome: "Lo sa che io ho perduto due figli ? Signora, Lei è una donna piuttosto distratta...". Mi pare che il genere di senso dell'umorismo un po' cinico sia lo stesso, e che la risposta, al di là del sorriso che può suscitare o meno, nulla tolga alla drammaticità della domanda - men che meno il rispetto.

Questo, lo ripeto a scanso di equivoci, per come la vedo io: per come il mio cinismo mi ha portato a ridere di uno striscione - e rido ogni volta che ci ripenso - senza in alcun modo voler mancare di rispetto a chichessia. Detto questo... non pretendo di sapere quali fossero le intenzioni e le motivazioni dell'estensore della "battuta": che, se non altro, avrebbe potuto riflettere qualche minuto sul fatto che, esponendo uno striscione allo stadio, l'avrebbe dato in pasto senza alcun dubbio a molti di quegli ultrà idioti di cui sopra, inclini probabilmente a vedere la cosa in modo ben poco razionale e ben poco rispettoso delle persone e dei fatti citati - e persino di qualcuno dei trenta lettori di Libero...

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