sabato 24 febbraio 2018

Potere troppe volte delegato ad altre mani

Votai per la prima volta il 21 aprile 1996: diciottenne da poco più di un mese, alle Elezioni Politiche che seguivano la prima nefasta esperienza di Berlusconi al Governo ed il Governo Dini e nelle quali, per la prima volta, si fronteggiavano Prodi e Berlusconi stesso.
Votai per Rifondazione Comunista, con l'entusiasmo di un ragazzino di quarta liceo e l'idea un po' ingenua che un voto potesse, davvero, cambiare - se non il mondo - qualcosa.
Quelle consultazioni andarono bene, se così si può dire: Prodi divenne Presidente del Consiglio anche con il sostegno di Rifondazione e rimase tale fino alla ben nota rottura con Bertinotti sulle cosiddette "Trentacinque ore": Rifondazione si spaccò, Prodi dovette lasciare in favore di D'Alema e poi di Amato e, con la testa ed il cuore di un ventenne, l'idea che un Governo potesse cadere su una questione di principio mi pareva ingenuamente bella - avvertenza per chi, da allora e per sempre, detesta Bertinotti ed i partiti "a sinistra del centrosinistra": la frase precedente rappresenta la cosa più vicina ad un'autocritica che mi sentirete mai fare in proposito.

Voterò di nuovo, tra una settimana ed a pochi giorni dal mio quarantesimo compleanno - in mezzo, ventidue anni ed un crescendo di distacco dall'entusiasmo di allora per la Politica che cambia il mondo che culmina nella totale incertezza su che cosa fare delle schede che mi verranno messe in mano domenica prossima.
Voterò nuovamente, dopo le Politiche del 2001 (vittoria di Berlusconi su Rutelli, mamma mia), quelle del 2006 (vittoria di un soffio di Prodi su Berlusconi, grazie al cosiddetto Porcellum pensato per evitare la vittoria del centrosinistra e poi rivelatosi incostituzionale), quelle del 2008 (vittoria di Berlusconi su Veltroni, con il primo esperimento, riuscito, di PD mangia-sinistra) e quelle del 2013, alle quali si devono l'esilarante non abbiamo perso di Bersani, la prima massiccia presenza grillina in Parlamento, le porcherie piddine sulla rielezione del Capo dello Stato, le occasioni perse da centrosinistra e Movimento Cinque Stelle per cambiare davvero qualcosa (confesso: un po' ci avevo sperato), l'epico Gianni, stai sereno rivolto a Letta da Renzi poco prima di fargli le scarpe, il PD oltre il 40% alle Europee, il suicido renziano sul Referendum Costituzionale e, dulcis in fundo, l'attuale Governo Gentiloni.

Voterò, sperando, per la prima volta, che non vinca nessuno: non la destra xenofoba ed antieuropea di Salvini, non il populismo senza ideologia del Movimento Cinque Stelle, non la maschera di vecchio buon senso democristiano del PD (sotto il partito: niente).  Voterò sperando in un pareggio a tre a valle del quale nessuno possa, da solo, governare a sua immagine e somiglianza, perché nessuna delle tre immagini rappresenta in alcun modo il mio modo di vedere il mondo e di pensare la società.
Poi, chiaramente, se uno dei tre mali deve vincere, il minore è ovviamente quello piddino: ma votarlo no, no davvero!, con la stupidità di ricandidare la Boschi o di non prendere le distanze da De Benedetti; con il suicidio ideologico della rielezione di Napolitano al Quirinale, con i franchi tiratori a bocciare Prodi e l'indisponibilità a votare Stefano Rodotà, fondatore del PD graditissimo ai grillini; con la riforma elettorale fatta per tagliar fuori, tra gli altri, la sinistra (se sinistra c'è): avete reso il mio voto inutile togliendo la possibilità del voto disgiunto, non rompetemi le palle col voto utile, non ora e possibilmente mai più.

PS: poi qualcuno voterò, e sarà Liberi e Uguali (nonostante D'Alema, mamma mia) o +Europa (ché Emma Bonino mi pare una brava persona, come Piero Grasso, ed una persona che si batte per ciò in cui crede). Ma dell'entusiasmo della mia prima volta al seggio elettorale è rimasto, davvero, quasi nulla.