lunedì 3 dicembre 2007

Dante a mente

Una sera della settimana scorsa ho assistito, come parecchi milioni di Italiani, allo spettacolo nel corso del quale Roberto Benigni, dopo aver parlato di attualità e politica, ha spiegato, ed infine recitato, il Canto V dell'Inferno di Dante.

Il mio amore per la Divina Commedia è cosa vecchia, risale alle superiori ed al periodo subito successivo. In particolare, tra tutti i Canti che ho avuto modo di leggere, il V dell'Inferno è certo quello che, sempre, mi ha emozionato di più.

Sentirlo recitare da un famoso ed espressivo attore mi ha messo i brividi... in particolare quando è stata la volta delle terzine che seguono:
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.


Il mio insegnante di lettere, quando quattordici anni fa mi fece incontrare per la prima volta questo Canto, insistette sulla grandezza di Dante che dice e non dice, con quel verso finale che richiama i manzoniani "la sciagurata rispose" ed "e fu monaca per sempre"...
Io personalmente ho sempre trovato infinitamente bello, ed emozionante, e grande, il verso in cui Francesca spiega a Dante che lei e Paolo non saranno mai più separati, tremendo castigo e meraviglioso destino...

Penso a questo quando penso all'amore...

A Dante, ancora una volta, grazie.

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